Il Linguaggio Verbale è la Caratteristica che ci Distingue dagli Animali

Mada Alfinito 20/09/2017 0

 

"Non c’è nulla di più nobile che riuscire a catturare l’attenzione delle persone con la parola"

(Marco Tullio Cicerone)

 

Il nostro viaggio alla scoperta degli elementi di una buona comunicazione inizia con un grande autore: Marco Tullio Cicerone. Egli nacque nel 106 a.C. ad Arpino. Fu console della Repubblica romana e si distinse per il grande contributo apportato alla cultura latina come avvocato, politico, scrittore, oratore e filosofo. Egli scrisse: “Non c'è nulla di più nobile che riuscire a catturare l'attenzione delle persone con la parola, indirizzare le loro opinioni, distoglierle da ciò che riteniamo sbagliato e condurle verso ciò che apprezziamo.[…] Ciò per cui noi uomini ci distinguiamo dalle bestie è essenzialmente il fatto che dialoghiamo tra di noi e possiamo esprimere parlando le nostre emozioni.” [1]

In un'epoca come la nostra nella quale l'uomo viene sempre più paragonato alle bestie, sia per i suoi istinti e comportamenti sia per la sua costituzione fisica, il pensiero che Cicerone ci ha lasciato irrompe nel modo ormai abituale di concepire la nostra umanità come animalità.

Il linguaggio parlato è ciò che principalmente ci rende diversi dagli animali e da tutte le altre forme di vita sulla terra. Solo e soltanto gli esseri umani possiedono l'apparato fonatorio. Esso, come tutti gli altri organi del nostro corpo, si sviluppa man mano che un bambino cresce ed è proprio perché esso si forma e trasforma gradualmente nel tempo che i bambini sono capaci di articolare le prime parole in modo impreciso solo dopo i primissimi anni di età (Pinker, 1994). [2]

Questo dato scientifico ci porta a riflettere sull'uomo da un punto di vista diverso dal solito. Quale potrebbe essere lo scopo della natura nell'aver fornito proprio a lui e a nessun altro essere vivente questa caratteristica unica e speciale? Non abbiamo una risposta a questa domanda. Ancora oggi molti si interrogano riguardo il vecchio dibattito tra creazionisti ed evoluzionisti: i primi credono che l'universo sia stato creato da Dio con una finalità ben precisa, i secondi non credono che la natura sia opera di un Dio e ritengono che non ci sia intenzionalità nelle leggi che goverano l'universo.

Ciò su cui possiamo però interrogarci con maggiore possibilità di successo nel fornirci una risposta soddisfacente è in che modo il linguaggio verbale possa essere per l'uomo una risorsa preziosa. Cicerone pone l'attenzione sulle emozioni: il linguaggio verbale ci permette di comunicare stati d'animo. Ma quali? Amore, benevolenza, gioia? Non solo questi ma anche odio, rancore, tristezza, rabbia, malinconia e molti altri. Esso è un vero e proprio vaso di Pandora: aprire il sigillo delle nostre labbra può innescare meccanismi senza ritorno, nel bene e nel male.

Il linguaggio verbale, lo dice il console stesso, è una potente arma di dominio. Se usato in maniera adeguata può addirittura aiutarci a persuadere una persona a spostare le sue preferenze in favore delle nostre. Al tempo in cui egli stesso viveva era frequente l'uso della retorica per difendere una causa ad ogni costo. Vi erano moltissime persone alle quali non importava affatto comunicare la verità dei fatti, soprattutto nei tribunali. Esse miravano ad ottenere la ragione la quale, a sua volta, avrebbe portato loro possibilità di vittoria e dominio e l'unico modo per riuscirci era affrontare una disputa dialettica tenuta dai difensori delle parti in causa.

La parola, dunque, è croce e delizia dell'essere umano. Dante ci aveva ricordato quanto un linguaggio pieno di amore e passione avesse aiutato i suoi genitori ad innamorarsi ed unirsi al punto tale da concepire un figlio. La storia e la vita di tutti i giorni, invece, ci ricordano anche che la parola può diventare un mezzo per sopraffare altre persone diventando fonte di separazione e sofferenza.

Ora che abbiamo scoperto una delle prime grandi risorse del nostro linguaggio, vi suggerisco una strategia che potete applicare per migliorare la vostra comunicazione interpersonale: siate sempre consapevoli del potenziale del mezzo di comunicazione che volete utilizzare e individuatene pregi e difetti al fine di ottimizzare il suo utilizzo.

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Note:

[1] M. T. Cicerone (55-54 a.C.), De Oratore;

[2] S. Pinker (1994), L'Istinto del Linguaggio. Come la Mente crea il Linguaggio, Arnoldo Mondadori S.p.A., Milano (2008).

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Mada Alfinito 20/09/2017

Quando le parole ci muoiono dentro

 

"Il pensiero precede l'azione, l'azione non sempre precede il pensiero"

(Douglas Horton)

 

Quante volte ci è capitato di provare emozioni intense e non riuscire a manifestarle all'esterno? Quante volte avremmo voluto esprimere pienamente la nostra rabbia e il nostro risentimento verso qualcuno o qualcosa? Quanti estenuanti silenzi hanno riempito i momenti di incontro con chi desideravamo invece avere vicino? Tante e tante volte, nelle infinite discussioni, al momento di espriemere le nostre ragioni, abbiamo blaterato, magari urlando e con fare violento, parole che non corrispondevano effettivamente a ciò che realmente stavamo pensando. E questo insano sfogo, anziché farci sentire meglio, ha peggiorato i nostri rapporti interpersonali e ha generato in noi un grande senso di frustrazione sfociato inevitabimente in depressione.

Ho sentito dire molto spesso che quando si è arrabbiati o molto addolorati si dicono cose che non si pensano. Io non credo che sia così. Non è il sentimento della rabbia o del dolore in sé che fa uscire dalla nostra bocca parole alle quali nemmeno noi stessi crediamo. Alla base di questo fenomeno ci sono due atteggiamenti mentali errati:

1) Non ci è effettivamente chiaro il sentimento che stiamo provando. Ci sentiamo arrabbiati, confusi, agitati ma non riusciamo a percepire questi stati d'animo isolatamente. Avvertiamo un grande malessere e questa sensazione così penosa ci appanna maggiormente la mente. Dentro di noi si forma un calderone di pensieri: al torto che presumiamo aver subito si aggiungono le nostre insicurezze, paranoie, paure. Questi sentimenti si mescolano tutti insieme e ogni pensiero non fa che aumentare la loro intensità;

2) Siamo altamente consapevoli (anche se non del tutto) di ciò che ci turba ma decidiamo volontariamente di rimanere criptici. Il presumere di aver subito un torto ci fa credere che da quel momento in poi, qualunque cosa diremo, sarà interpretata da chi ci sta di fronte come un chiarissimo segnale del nostro disagio. Saremo vittime alla ricerca di un riscatto. Ci sentiremo in diritto di dire qualsiasi cosa alla persona che ci ha ferito: dagli insulti a frasi incomprensibili e senza senso. Tutto questo sarà per noi un ottimo modo per girare intorno al motivo del nostro turbamento senza affrontarlo mai per davvero né con noi stessi né con chi stiamo interagendo.

Questi due atteggiamenti mentali, oltre a provocare il grande senso di frustrazione di cui ho accennato prima, conducono ad altre coseguenze altrettanto gravi: la colpa del nostro dolore ricade inevitabilmente sull'altro. La persona che presumiamo ci abbia ferito o che viene scelta da noi come oggetto su cui sfogarci per sentirci meglio non viene solo investita della responsabilità di aver causato un danno o di redimerci ma sarà inevitabilmente accusata di non essere in grado di capirci.

Il nostro dolore è così forte che pensiamo sia ovvio dall'esterno capire cosa ci turba. Ma non è così: la nostra incapacità di comunicare gli stati d'animo provoca negli altri confusione ancora maggiore. Chi vorrebbe consolarci non riesce a farlo perchè non capisce quale sia il punto centrale del dramma, chi è dispiaciuto di aver sbagliato non riesce a chiedere scusa perché viene attaccato con violenza (dalle parole, dai gesti e dai silenzi), chi invece non sa nemmeno di aver sbagliato, a causa di questo pessimo tentativo di comunicare, non riesce a capire se ha fatto un errore e quale esso sia. Il colpo finale sarà la rottura del rapporto. Una rottura che si verificherà o quasi subito o con il tempo, quando tutta la dose di rancore accumulato renderà impossibile ogni riconciliazione.

Triste, vero? Ma questa è la vita di tutti i giorni. A quanti di noi sarà capitato! Ammetto che a me è accaduto diverse volte. La buona notizia è che non tutto è perduto: la filosofia e la piscologia sono state le mie più grandi alleate nel farmi notare cosa danneggiava alcuni dei miei rapporti interpersonali. Ho compreso che gli altri non possono capirci se non esprimiamo in maniera chiara e lineare quello che sentiamo. Il linguaggio è lo specchio dei nostri pensieri. Se non abbiamo ben chiaro dentro di noi cosa stiamo provando non saremo mai capaci di far capire all'altro mediante le nostre labbra cosa davvero ci ferisce e ci fa star male. Scaricare la colpa sull'altro che “non mi capisce!” è un meccanisco inconscio che scatta dentro di noi nel momento in cui ci rendiamo conto di essere incapaci di esprimere ciò che è tanto forte dentro di noi. Ci sentiamo impotenti e questo ci spaventa. Cicerone diceva che non si può parlare di quello che non si conosce. è vero. Se non siamo consapevoli di quello che abbiamo in mente non potremo tradurlo in linguaggio. La confusione che gli altri vedranno in noi sarà il risultato non della loro incapacità di capirci ma l'espressione della grande confusione che noi abbiamo dentro. Douglas Horton disse che: “Il pensiero precede l'azione”. Lo stesso accade per il linguaggio. La comunicazione è una vera e propria azione che per andare a buon fine deve essere preceduta da un pensiero. Un'espressione, verbale e non verbale, chiara e concisa ha necessariamente bisogno di essere preceduta da un pensiero altrettanto lineare.

All'inizio percepiremo come faticoso esprimerci correttamente. Proveremo un grande imbarazzo nel farlo perchè ci sentiremo (finalmente) messi a nudo. Allo stesso tempo, però, scopriremo che il linguaggio è uno strumento prezioso capace di migliorare le nostre relazioni con gli altri e che non serve a nulla riempirli di estenuanti e freddi silenzi o di rancori e recriminazioni. Ci accorgeremo anche che non c'è nulla di più bello della mutua comprensione e della fiducia reciproca. Ricordate sempre che anche una discussione può rendere più profondo il legame tra due o più persone ma l'artefice di questa unione sarà il linguaggio che avremo usato per spiegarci. E se dovesse capitarci di rompere un rapporto con una persona con cui proprio non riusciamo ad andare d'accordo, qual è il problema? Non si può piacere a tutti e stare bene con tutti. L'importante è che prima di prendere ognuno la propria strada, mediante una comunicazione efficace, siano chiare le rispettive motivazioni per cui non si riesce più a proseguire insieme il cammino.

In sintesi, ecco la regola #2 per una buona comunicazione: Il linguaggio è lo specchio dei nostri pensieri. Un pensiero lineare è causa necessaria per una buona comunicazione. Nei rapporti interpersonali abbiate cura di esprimere con chiarezza i vostri sentimenti ed emozioni. Ponetevi faccia a faccia con voi stessi per focalizzare quale sia il vostro disagio: le parole giuste seguiranno da sole!

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Mada Alfinito 04/10/2017

Si o No: le parole compromettono il destino della tua relazione

 

Dedico la quinta regola per creare una efficace comunicazione interpersonale a tutti gli innamorati messi in crisi da due piccole ma potenzilamente letali parole. Nell'articolo mi riferisco soprattutto alle donne poiché è un problema molto diffuso soprattutto tra loro, ma sono certa che, per certi aspetti, anche i maschietti potranno riconoscersi in questo disagio.

 

         "Quando dici 'sì' agli altri, assicurati di non stare dicendo 'no' a te stesso".

(Paolo Coelho)

 

"SI!" è un rituale che inizia sin dall'infanzia: dire "sì" ai genitori, agli insegnanti e agli amici è necessario. Se dicessimo qualche "no" di troppo, saremmo etichettati come ribelli ed esclusi da buona parte delle attività a cui vorremmo prendere parte. Da adulti, le cose non sono poi così diverse: quanti "sì" siamo costretti a rispondere alla società per non perdere le poche cose che abbiamo guadagnato tanto duramente?

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Tra tutti i "sì" della nostra vita, ce n'è uno che la maggior parte delle donne sogna ancora di dire nel ventunesimo secolo ed è il fatidico "SI!". Purtroppo, le persone che credono che parole come "per-sempre" e "e-vissero-tutti-felici-e-contenti" nascano sull'altare di una Chiesa o in un qualsiasi altro luogo dove si ufficializza un tale tipo di unione, si sbagliano. Ogni relazione è costellata da una sequenza senza fine di "SI" e sono proprio questi che decideranno le sorti della relazione. Tutto ha inizio con il primo sguardo tra un uomo e una donna. Lui la nota e lei risponde: "SI" usando lo sguardo in risposta. Poi arriva il momento di dire: "SI: ti darò il mio numero di telefono" e: "SI, sabato prossimo avremo un appuntamento!" A questo punto si avvicina il momento di dire "SI" e dare il primo bacio, il quale è spesso seguito dal "SI" del primo rapporto o approccio sessuale.

In aggiunta, in una relazione ci sono tantissimi altri importanti "sì" e una 'donna-che-ama-troppo' (cit. Norwood) è una donna che dice sempre "SI!" Lei risponde "SI!" anche se la telefonata del suo lui non arriva mai e quando lui la ritiene finalmente degna di una piccola attenzione, lei risponde "SI! Ti stavo aspettando!" Lei dira "SI!" anche quando lui la inviterà a cena... il problema è che lei gli aveva chiesto di passare un po' di tempo insieme due settimane prima, ma lui ha trovato il tempo soltanto ora (è sempre troppo impegnato per fare una telefonata o uscire). Nonostante il fatto che lei stia raccogliendo le briciole del SUO prezioso tempo, lei risponderà ancora "SI!" al suo bisogno di fare sesso al loro primo (o secondo) appuntamento anche se lei in realtà non si sente ancora pronta (non lo conosce ancora bene), ma decide lo stesso di farlo solo perché ha paura di perdere lui. Ma cosa dire a riguardo delle regole del gioco che LUI ha stabilito? è lui a decidere quando chiamare e quando no, quando uscire e quando no, quando fare sesso oppure no, quando litigare o fare pace, quando concederle una piccola gioia oppure una lunga lista di frustrazioni e lei è ancora lì, soffrendo ma fingendo un sorriso, rispondendo "SI!"

yes1 La parola 'sì', concessa costantemente, succhia via l'anima dalle persone. Nelle relazioni insane, dire "NO" è proibito. Lo sanno bene le donne (ma anche gli uomini) che dicono sempre "sì" ai loro partner senza mai avere la possibilità di considerare se farlo conduca ad un'azione positiva o dannosa per loro stesse. Dire "sì" è un modo facile per preservare la relazione ma ha un costo veramente alto: la perdita della dignità della donna e una vita di sofferenza. Quando un uomo forza subdolamente una donna a fare ogni cosa lui voglia, il "sì" pronunciato da lei perde il suo significato di 'amore'. Da quel momento in poi, quando lei dice "sì" non sta lasciando intendere più: "Io ti amo" ma: "Compromesso" e 'compromesso', in questi casi, non vuol dire altro che 'prigione' e 'perdita di identità' (della donna, ovviamente).

Tantissimi uomini dichiarano di sognare (segretamente) di avere una 'yes-woman' accanto nella loro vita ma ciò non è assolutamente vero perché, quando essi spingono la loro donna a cambiare, con il tempo iniziano ad annoiarsi di averla tra i piedi e la mollano per un'altra che in quel momento sembra loro più inafferabile e decisa (per poi provare a cambiare anche lei dopo averla conquistata). Gli uomini non rispetteranno mai una donna che permette di essere tratta come una schiava e fa del suo meglio per soddisfare i desideri più egoisti del suo uomo. Un uomo smette di dare rispetto alla sua donna se perde la sua dignità (anche se è stato proprio lui la causa che ha spinto lei a cambiare così duramente).

yes3 Tuttavia, ci sono casi in cui una 'yes-woman' riesce ad ottenere la sua ricompensa e va all'altare con l'uomo a cui ha giurato di servire fedelmente ed eternamente (e la sua vita sarà un vero Inferno sulla Terra). Mi domando: ha davvero senso giungere all'altare di una Chiesa sentendosi completamente svuotate? Vale davvero la pena buttare via la dignità di essere donna per il capriccio di un uomo? Vale davvero la pena farsi sfruttare da un partner senza mai ricevere ciò di cui una donna ha bisogno per sentirsi emotivamente e sessualmente soddisfatta?

Non posso nascondere che oggigiorno anche gli uomini stanno sperimentando un disagio molto simile: il numero di uomini sfruttati, manipolati e schiavizzati da donne egoiste ed egocentriche è tremendamente in aumento. è davvero una dura sfida stabilire chi abbia ragione e chi sia nel torto, se gli uomini o le donne, perché ciascuna storia è differente, ma il punto è che l'amore può esistere solo e soltanto dove il rispetto e la dignità dominano la relazione.

Risultati immagini per pinocchio e mangiafuocoL'ancestrale lotta tra il bene e il male oggi non è altro che la lotta tra il sì e il no perché ciò che sta distruggendo inesorabilmente le relazioni umane nell'attuale momento storico è il costante conflitto tra chi fa pressanti richieste e subdolamente forza e l'altro membro della relazione, il quale vive costantemente con l'ansia e la paura di sbagliare. Non esiste nessuna gioia nel donare se donare significa 'mi-sento-in-obbligo-perché-ho-paura-di-perdere-il-mio-partner'. L'amore è veramente libero e onesto solo se possiamo sentirci a nostro agio in tutte quelle situazioni in cui siamo chiamati a rispondere "sì" o "no" ai bisogni del nostro partner. Uno 'yes-man' o una 'yes-woman' non è un/una partner, è un burattino. E quando un essere umano diventa un burattino non passerà molto tempo prima che Mangiafoco getti Pinocchio tra le fiamme.

Possiamo eununciare a questo punto la regola #5 per una buona comunicazione interpersonale: 'sì' e 'no' sono solo all'apparenza delle semplici parole: quando vengono pronunciate andando contro ciò in cui credete e volete davvero, possono recare danni esponenziali alla vostra vita e alle vostre relazioni perché vi metteranno in situazioni non piacevoli e difficili da gestire. Meglio essere chiari: l'onestà vi ricompenserà con la serenità.

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Mada Alfinito 20/09/2017

Il Silenzio è l'Ultima Arma del Potere

 

"Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano."

(Martin Luther King)

 

Ci sono parole che non vorremmo smettere mai di ascoltare. Ci sono discorsi che vorremmo continuare per ore. E poi esistono i silenzi, i quali non sono soltanto il linguaggio di coloro che si amano e si comprendono senza bisogno di spiegazioni. Il silenzio, molte volte, viene usato come strategia per ferire chi ci è vicino e, paradossalmente, sono proprio gli amanti che conoscono bene le due facce di questa medaglia. Il silenzio può diventare la migliore arma dell’indifferenza: può far crollare aspettative e rompere brutalmente le attese alle risposte d’amore. Il silenzio è paura, il silenzio è rabbia, il silenzio è rancore. Il silenzio è anche rassegnazione e senso di inadeguatezza. Il linguaggio umano è davvero potente perché anche quando le parole vanno via sono capaci di parlare nel vuoto che lasciano. Il silenzio parla, insinua, accusa, tradisce e ferisce. Credete che sia esagerato?

Attualmente, psicologi, ricercatori e molti altri esperti del settore riconoscono il silenzio come una forma di abuso mentale a tutti gli effetti. Se ne parla molto negli studi sulle co-dipendenze e dipendenze affettive. Più nello specifico, il silenzio diviene un abuso e una forma di ricatto morale quando viene usato volontariamente al posto delle parole. In che modo? Basta che in un litigio o in una semplice contrarietà una delle due parti in causa rifiuti di dialogare allo scopo di provocare nell'altro una ferita tanto grande da indurlo a cedere alle proprie istanze.

È di certo capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di essere in collera con qualcuno e fargli capire il nostro disappunto decidendo temporaneamente di non rivolgergli la parola. Fare ciò non è sbagliato, a patto che:

1) Questo silenzio abbia termine quanto prima e che venga poi sostituito non da vuote recriminazioni ma dall’esprimere con serenità e chiarezza il proprio disappunto;

2) Sia un modo di agire sporadico e non la costante di ogni interazione.

La reiterazione di questo comportamento conduce inevitabilmente allo scombussolamento del rapporto, il quale cessa di essere paritario e inizia a costruire le sue basi su una gerarchia in cui l’abusante è dominatore e l’abusato è dominato.

Il silenzio come abuso è una forma di ricatto subdola nei confronti dell’interlocutore. Il ricatto consiste nel mettere pressione all’altro facendogli chiaramente intendere, mediante la comunicazione non verbale, che non si tornerà a parlare con lui se non acconsentirà a determinate richieste. L’abusante non solo non rivolgerà la parola all’abusato, ma assumerà chiari atteggiamenti di forte indifferenza.

Qualcuno potrebbe obiettare giustamente che, se una persona ci tratta in questo modo, tanto vale lasciarla andare per la propria strada, eppure non è così facile come sembra. Essere considerati come inesistenti da persone che riteniamo degne di ogni considerazione in qualsiasi campo della vita, può essere qualcosa di profondamente umiliante perché va a minare le basi della nostra autostima e l’opinione che abbiamo di noi stessi. Quando l’altro mi parla non mi sta comunicando soltanto uno stato del suo mondo interiore, ma conferma la mia stessa presenza nella sua vita e nel mondo.

Molte persone hanno così paura di perdere la stima e la fiducia di coloro che amano che farebbero qualsiasi cosa pur di non danneggiare il rapporto. Ci sono persone che alzano mura di silenzio così impenetrabili da far sentire completamente spiazzati quelli da cui sono amati. Il senso di inadeguatezza e di stravolgimento che invade coloro che subiscono il silenzio come punizione fa sì che, nonostante la grande sofferenza provata, cedano al ricatto. Una volta ottenuto ciò che voleva, l’abusante sarà pronto a ricompensare l’abusato riconoscendogli un posto nella sua vita; un posto chiaramente discutibile riguardo a dignità, in quanto la parte manipolatrice della relazione non dimostra alcuna stima nei confronti della vittima.

Se questa strategia manipolativa viene ripetuta frequentemente quasi fino a diventare un’abitudine, chi subisce il silenzio entrerà in un circolo senza fine, un loop mentale fatto di premi e ricompense da parte dell’amato/a (o da una qualsiasi altra persona significativa) per aver assecondato le sue istanze. A questo punto, l’autostima di chi subisce l’abuso sarà così a pezzi che inizierà meccanicamente a credere che si è amati solo se si è disposti a dare sempre qualcosa in cambio, che l'amore non sia generosità reciproca ma una bieca compravendita in cui il più forte nella coppia è quello che impone modelli di relazione e di vita comune insostenibili.

Tutto ciò può sembrare spietato da parte di chi attua questa manipolazione ma non dobbiamo mai dimenticare che chi usa tali giochetti mentali per dominare nelle relazioni interpersonali è sicuramente una persona molto fragile con uno scarso senso del proprio sé e che non riesce a vivere in modo maturo e sereno alcun tipo di relazione.

Il silenzio è un buco nero che inghiotte non solo chi lo subisce ma soprattutto chi lo crea. Può diventare il covo della solitudine dove tutte le delusioni, le aspettative disattese e le frustrazioni vanno sedimentandosi di giorno in giorno alla ricerca di un riscatto. La delusione e l’amarezza di certi individui nei confronti della vita può crescere tanto da estendersi come fosse un tumore dell’anima e l’abuso tramite il silenzio è il sintomo evidente di questo male straziante.

Tuttavia, siamo ancora in tempo, se lo vogliamo. Possiamo ancora vincere il muro del rancore e delle frustrazioni esprimendo liberamente e sinceramente le nostre emozioni senza soccombere. In una buona comunicazione interpersonale è fondamentale sapere quando tacere e quando parlare. Troppe parole possono essere dannose al pari di un’assenza di parole inappropriata. Perciò, se volete essere sicuri di aver fatto il possibile per migliorare le vostre relazioni, imparate a dichiarare esplicitamente i vostri stati d’animo cercando di accantonare il più possibile ogni brama di potere e dominio sull’altro.

Il bravissimo psicologo Enrico Maria Secci ha scritto questi versi: "Lo sai? La tua vita, la gente e il mondo sarebbero generosi con te, se solo dessi loro il modo di dimostrartelo."

E allora, cosa stiamo aspettando? Non è mai troppo tardi per iniziare a dialogare per davvero. Imparate a comunicare servendovi del silenzo in maniera opportuna: scoprirete nella comunicazione non verbale un prezioso alleato che migliorerà la qualità delle vostre relazioni e, di conseguenza, della vostra vita.

Ti sei mai trovat* in questa situazione? Come ti sei sentit* e come hai reagito? Raccontami la tua esperienza: puoi lasciare un commento oppure scrivermi in privato. Per una soluzione specifica ad un tuo caso personale, non esitare e richiedere la mia consulenza mandandomi una mail. Inoltre, se l’articolo ti è piaciuto e pensi che possa essere utile anche ad altri, metti un like e condividilo sui tuoi social preferiti. Con questo piccolo gesto mi aiuterai a far crescere i miei canali e far sì che sempre più persone conoscano questi importanti strumenti di problem solving. La cultura è più bella se condivisa, dai anche tu il tuo contributo.

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NOTE

[1] Il titolo che ho utilizzato è una citazione di Charles De Gaulle

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