L'Opportunista
Mada Alfinito 29/05/2022 0
Questo che stai per leggere di seguito non è un articolo ma un post che ho pubblicato sulle mie pagine social e che riporto anche qui, sul sito, per agevolare ai lettori la consultazione del materiale che pubblico.
Quando si parla di persone tossiche molti pensano prontamente al “NARCISISTA!!!”
In realtà, non occorre essere narcisisti per mettere in atto comportamenti tossici nei riguardi degli altri.
Nei prossimi post identificherò tre tipologie di persone che, pur non avendo una patologia dichiarata, mancano “dell’equipaggiamento emotivo di base” (Argow, 2000) per costruire rapporti sani e appaganti con gli altri.
Oggi ti parlerò delle persone opportuniste, cioè quelle che assillano gli altri solo quando hanno bisogno di un favore, e poi spariscono!
Lo scopo di questo carosello non è incoraggiarti a far polemica verso chiunque si comporti con te in questo modo, ma fornirti uno strumento utile per imparare a riconoscere chi davvero crede nelle tue capacità ed evitare relazioni incompatibili e dolorose.
Se ti va, condividi la tua esperienza!
Nel prossimo post ti parlerò della seconda tipologia di persone tossiche!




È vietata la riproduzione totale, parziale e il riassunto di questi contenuti senza citarne la fonte e senza richiedere la mia autorizzazione. Diritti riservati.
Se questo post ti è piaciuto e lo hai trovato utile, condividilo sui tuoi social preferiti. Per raggiungere obiettivi personali e professionali mediante lo sviluppo di una buona comunicazione e delle tue risorse, per te stesso o per la tua azienda, contattami per una consulenza.
Potrebbero interessarti anche...
Mada Alfinito 28/09/2017
Recuperarsi dalla dipendenza affettiva
Nel precedente articolo ('come uscire dalle dipendenze patologiche?') ho spiegato cosa sia la Alcolisti Anonimi e come questo metodo di guarigione sia considerato tanto efficace al punto che nel corso degli anni sono nati in tutto il mondo centinaia di gruppi di terapia ispirati alla AA. Per la dipendenza affettiva è stato fatto lo stesso e la prima donna a suggerire l'idea di un gruppo di terapia per le 'donne che amano troppo' fu Robin Norwood.
Per lungo tempo Robin Norwood fu una psicoterapeuta. Il suo bestseller 'donne che amano troppo' è nato proprio grazie alle chiacchierate tenute con le clienti che erano da lei in terapia. La stessa Norwood ha sostenuto, nel medesimo libro, di essere stata a sua volta una dipendente affettiva. è interessante il fatto che ad un certo punto della sua carriera, Robin abbia smesso di esercitare la professione di psicoterapeuta. Nei sui libri ella ha dichiarato espressamente di ritenere la terapia individuale poco efficace e incisiva al fine di aiutare le donne ad uscire da questo disagio psicologico ed emotivo. Ella scrisse: "Tuttavia, i molti anni di esperienza nel campo delle dipendenze mi hanno insegnato che sono i programmi 'Dodici Passi' quelli che offrono il più adeguato ed efficace trattamento di tutte le forme di dipendenza, ivi comresa quella da relazioni (1)". L'autrice non ha mai affermato che la terapia individuale fosse completamente inutile, ma ha più volte dichiarato nei suoi libri che aveva notato che le donne che facevano terapia di gruppo riuscivano a recuperarsi in maniera più efficace rispetto a chi si sottoponeva ad una terapia singola.
In entrambi i suoi libri ('donne che amano troppo' e il sequel 'lettere di donne che amano troppo') ella ha tracciato delle linee guida per ispirare le donne che avrebbero letto i suoi scritti a fondare un gruppo di terapia basato dul programma 'Dodici Passi'. Inoltre, proprio perchè ogni gruppo di recupero 'Dodici Passi' si ispira al modello proposto dalla Alcolisiti Anonimi, per ciascuno di essi è stato stilato l'elenco dei passi adattato alla dipendenza che il gruppo deve affrontare. Per quando riguarda la dipendenza affettiva i seguenti 'Dodici Passi' riportati da Norwood si configurano in questo modo (2):
- Abbiamo riconosciuto di non avere alcun potere suelle relazioni, e che lo nostre vite sono divenute ingovernabili;
- Ci siamo convinte che un Potere Superiore a noi possa restituirci la salute;
- Abbiamo deciso di affidare la nostra volontà e la nostra vita ala cura di Dio così come noi lo concepiamo;
- Abbiamo cercato dentro di noi, e fatto senza pauraun esame di coscienza;
- Abbiammo ammesso davanti a Dio, davanti a noi stesse, davanti a un altro essere umano l'esatta natura dei nostri errori;
- Siamo totalmente disponibili a lasciare che Dio elimini da noi tutti questi difetti di carattere;
- Umilmente gli chiediamo di eliminare tutte le nostre manchevolezze;
- Abbiamo elencaro tutte le persone cui abbiamo fatto torto, e siamo disponibili a fare ammenda presso ciascuna;
- Abbiamo fatto direttamente ammenda presso queste persone, qualora ciò non arrecasse danno a loro o ad altri;
- Abbiamo continuato a esaminare le nostre coscienze e ogni volta che ci siamo trovate in torto l'abbiamo prontamente ammesso;
- Abbiamo cercato attraverso la preghiera e la meditazione di migliorare il nostro contatto conscio con Dio così come lo concepiamo, pregando solo di poter conoscere la sua volontà e di darci la capacità di adempierla;
- Dal risveglio spirituale ottenuto attraverso questi passi, abbiamo cercato di portare questo messaggio ad altre che amano troppo, e di praticare questi principi in tutti goi ambiti della nostra vita.
Come già detto in precedenza, Robin smise di esercitare la professione di psicoterapeuta per dedicarsi principalmente a vivere il programma di recupero (a cui ella stessa si sottoponeva) all'interno di un gruppo di donne. In Italia, la Alcolisti Anonimi e gruppi affini sono abbastanza diffusi in tutto il Paese ma molte persone non sono ancora conoscenza di questa realtà sul territorio. Per quanto riguarda la dipendenza affettiva, in Italia i gruppi di sostegno sono veramente pochi e non sono una vera e propria organizzazione come la AA. In Italia, infatti, l'approccio che va per la maggiore nel trattare la dipendenza affettiva è la terapia individuale.
Nell'anno 2016, mentre preparavo la mia tesi sulla dipendenza affettiva, venni a sapere che a Salerno era stato organizzato un gruppo di terapia per persone che soffrivano di questo problema. Decisi di frequentarlo per dare maggiore solidità agli studi che stavo facendo allora. Al gruppo erano presenti sia uomini che donne. Eravamo in tutto una decina di persone. La psicologa e la counselor che avevano organizzato il gruppo furono molto brave nel creare attività che permettevano ai partecipanti di entrare di volta in volta sempre più in connessione gli uni con gli altri e stabilire quindi quel legame di fiducia e affetto che spingeva poi spontaneamente ciacuno ad aprirsi all'altro e condividere il peso della propria esperienza e sofferenza. Al percorso di gruppo, le due esperte affiancarono degli incontri individuali durante i quali ogni componente poteva parlare in privato con una delle due, in modo tale da consolidare ciò che veniva fatto nel gruppo.
Questo gruppo di terapia durò alcuni mesi e ci incontravamo con la frequenza di una volta ogni due settimane. è stata un'espseirenza molto profonda per me. Il gruppo non era basato specificatamente sul programma 'Dodici Passi' ma riuscì ugualmente ad essere efficace. Credo che Robin Norwood avesse ragione quando sosteneva che credeva fermamente nella terapia di gruppo e credo che nemmeno i fondatori della AA si sbagliassero: il supporto reciproco (non la commiserazione) è un'arma davvero potente per uscire dai disagi emotivi e relazionali. Del resto, la cura dalla dipendenza affettiva non è la fuga dall'amore ma l'amore stesso.
Mafalda Alfinito.
È vietata la riproduzione totale, parziale e il riassunto di questi contenuti senza citarne la fonte e senza richiedere la mia autorizzazione. Diritti riservati.
Note:
(1) Norwood R. (1988), Letters from women who love too much, Pocket Books, New York, tr. it. Lettere di donne che amano troppo, Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano (1997), sesta ed. 2011, p. 143.
(2) Norwood R. (1988), Letters from women who love too much, Pocket Books, New York, tr. it. Lettere di donne che amano troppo, Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano (1997), sesta ed. 2011, pp. 153-154.
Mada Alfinito 24/09/2017
Gli uomini preferiscono le stronze
Mi trovavo alla stazione centrale di Napoli. Aspettavo che i miei amici venissero a prendermi per andare a visitare le meraviglie della Napoli sotterranea(1).

Ero in compagnia di due amici che avevano viaggiato insieme a me da Salerno e, mentre attendevamo che gli altri arrivassero, entrammo nella grande libreria della stazione. In preda all’estasi e alla soddisfazione che solo la visione di un posto strapieno di libri può dare, mi sono distaccata da loro e ho iniziato a vagare da sola nella grande libreria in cerca di qualcosa che potesse conquistarmi. Mi sono ritrovata così nel settore ‘psicologia’, seguito poi da quello ‘filosofia’ (che volete farci, deformazione professionale!) a cercare qualche stimolo interessante per uno dei miei workshop. Leggendo i diversi titoli che mi si paravano innanzi mi colpì questo:
"Gli uomini preferiscono le stronze"
La copertina dal rosso portante e le labbra tinte di rossetto di una donna che succhia sensualmente un lecca lecca mi fece sorridere, oltre che incuriosire. Questa immagine stona ironicamente con il contenuto del libro ma non è solo una provocazione: è un'ottima mossa di marketing e faccio i miei complimenti a chi l’ha realizzata. Ammetto che, lì per lì, nonostante l'idea mi fosse piaciuta, il mio pregiudizio si fece prepotentemente avanti e iniziai a sfogliare il libro con la convinzione che quello fosse l'ennesimo trattato pseudo femminista post-moderno che proponeva a donne disperate l'elisir dell'amore in pochi stereotipati concetti. Stavo quindi per riporre il libro sullo scaffale senza approfondire. Non so se fu il caso o la semplice curiosità per qualcosa che ritenevo a priori potenzialmente trash, ma iniziai a sfogliarlo leggendo qualche concetto sparso qua e là.
Notai che in appendice al libro, l'autrice aveva inserito una lista di ciò che aveva chiamato ‘le 100 leggi del fascino di Sherry’. Leggere il mero elenco delle regole di Sherry decontestaulizzate dai paragrafi nei quali sono inserite può provocare in moltissime donne reazioni di pathos intense. La 21° legge per esempio afferma:
"Se un uomo deve aspettare prima di andare a letto con una donna, non solo la considererà più bella, ma avrà anche il tempo per apprezzarla meglio."
A quel punto mi sono immaginata la versione al femminile della scena biblica del giudizio universale che si trova in Matteo 25, 31-46. Il popolo femminile è diviso in due: da una parte ci sono le donne moderate che guadagneranno il Paradiso e dall’altra le ribelli che meriteranno l’inferno. Tra quelle candidate all’inferno (dalla società e dalle istituzioni più conservatrici) ci sono le femministe emancipate ed estremiste, quelle che gridano al maschilismo e al patriarcato ogni volta che la libertà sessuale della donna viene messa in discussione. Per dirla in breve: ‘libera vagina in libero stato’. Per queste donne iraconde e infuocate: “Una donna non può essere considerata una poco di buono se va a letto con un uomo al primo appuntamento! E nemmeno al secondo!” Dall'altra parte della divisione apocalittica ci sono le donne angelicate: quelle remissive e sottomesse ad ogni respiro del proprio partner. Apparentemente sovrastimate dagli uomini che non vogliono problemi e tanto amate da Dante e Petrarca, vivono costantemente in preda al pessimismo cosmico sentimentale in cui il loro ruolo di martiri d'amore le ha scaraventante. Sono quelle che leggendo l’affermazione della Argov sghignazzano in maniera composta e maliziosa: “L’ho sempre detto io! Visto che non sono bigotta come molte pensano?” Sono queste le vincitrici morali dell’amore, quelle che hanno visto l’uomo che amavano andar via da loro per una che avevano etichettato come quella buona solo per una notte. Sono queste le proclamatrici del: “L’avevo detto io che era solo una sgualdrina” e: “Prima o poi lui la mollerà per tornare da me”.
Ok donne. Stiamo ironizzando. Ma è un dato di fatto che le donne entrano in competizione fino ad odiarsi profondamente quando c’è di mezzo un uomo. In questo andazzo generale che vede le donne come la specie meno unita dall’inizio della creazione, ciò che rende il libro di Sharry Argov intelligente e utile è il fatto che lei sia riuscita a fare ciò che poche donne oggi sanno fare: stare nel mezzo. Che non vuol dire non saper decidere o farlo solo in base alla comodità delle circostanze, ma semplicemente porsi per un po’ come mediatrice tra il mondo maschile e femminile facendo capire alle donne di essere tutte nella stessa barca e che nessuno stereotipo o estremizzazione porta a risultati positivi in amore (così come nella vita in generale). L’autrice ha intervistato centinaia di uomini di tutte le età, dai 20 ai 70 anni, e, cosa più incredibile e scandalosa per noi donne, lei li ha A S C O L T A T I. Senza replicare o voler aver ragione a tutti i costi. Finalmente una donna si è posta in ascolto di un uomo con fiducia senza voler avere l’ultima parola. Sì perché lo stereotipo della donna che non riesce a trovare mai un uomo che l'ascolti forse è davvero ancora troppo radicato nella nostra società nonostante il progresso vantato. Sherry Argov ha davvero parlato con centinaia di uomini e ne ha offerto in questo modo alle donne una nuova immagine: la maggior parte di loro non solo ha dimostrato di essere senziente e di possedere un cervello che non ragiona soltanto in base alle pulsioni sessuali, ma hanno anche mostrato di essere capaci di provare emozioni ed esprimere sentimenti.
Con ironia e sfrontatezza, l'autrice ripercorre i tanti errori comuni che sono entrati nella storia sentimentale di ogni donna, errori apparentemente banali ma che hanno inflitto letali colpi alla loro autostima, errori incessantemente quotidiani che hanno dato vita a capolavori di sfacciata ironia e immensa solitudine come il diario di Bridget Jones (amato anche da me!). Questo libro è la morte degli stereotipi che la maggior parte di noi donne ha sugli uomini, sul sesso e sulle relazioni amorose. Le dichiarazioni rilasciate dagli uomini intervistati mantenendo il proprio anonimato, possono aiutare a capire dove ognuna di noi ha sbagliato per anni nel modo di rapportarsi all’altro sesso donandoci la speranza che potremo trovare una relazione sana e felice usando semplicemente un po' di intelligenza e razionalità al momento giusto piuttosto che fare mesi o anni di psicoterapia a seguito dell’incontro con l’ennesimo uomo che ci ha tradite o scaricate. Lungi dall’affermare che gli uomini siano tutti dei santi, semplicemente questo libro riporta a ciascuna donna la propria parte di responsabilità nell’aver avuto il ben servito dal proprio uomo.
Personalmente, per alcuni mesi della mia vita ho considerato questo libro una Bibbia dei primi approcci amorosi durante una nuova conoscenza ma esso riguarda anche chi è in relazione con lo stesso uomo da più tempo. Questo testo mi ha dato molte dritte utili facendomi capire il perché della ricorsività di certi eventi nella mia vita. Certo, incontrare la propria anima gemella non è una cosa che può accadere esclusivamente grazie al nostro contributo, ma sapere cosa fare in determinate circostanze che ci gettano in confusione e ci fanno soffrire è già il primo passo verso l’incontro del nostro destino.
'Gli uomini preferiscono le stronze' ha avuto anche un sequel che in italiano è stato tradotto con il titolo 'Perché gli uomini sposano le stronze e lasciano le brave ragazze'. Io sono interessata a leggerlo quanto prima. E voi cosa ne pensate di questo libro? Lo avete letto? Correrete in libreria ad acquistarlo?
È vietata la riproduzione totale, parziale e il riassunto di questi contenuti senza citarne la fonte e senza richiedere la mia autorizzazione. Diritti riservati.
Note:
(1) Immagine presa dal sito www.napolisotterranea.org
Mada Alfinito 08/11/2017
Il Turismo Sentimentale è un Viaggio Scomodo
La tendenza a cambiare frequentemente partner senza mai riuscire a consolidare una relazione nel lungo periodo non sempre è indice di spensieratezza e di voglia di godere delle gioie dell'amore. Al contrario, numerose persone che si riconoscono in questo atteggiamento, con il tempo, percepiscono che qualcosa in questo loro modo di gesitre i rapporti li fa sentire inappagati. Cambiare partner come se ci si cambiasse d'abito sembra essere per molti la cosa più naturale del mondo fino a quando non ci si rende conto che questo comportamento inizia ad interferire con la serena gestione del quotidiano e lascia un senso di sconforto e delusione al termine di ogni rendez-vous. Sto parlando del turismo sentimentale.
Bisogna fare attenzione a distinguere il turismo sessuale dal turismo sentimentale. Sono due fenomeni ben diversi. Il primo è sicuramente quello più famoso e su cui si discute moltissimo e consiste nell'intraprendere un viaggio con lo scopo di andare in un paese dove sia possibile incontrare persone con cui fare sesso ad un buon prezzo. Questo fenomeno, che vede partire ogni anno sia uomini che donne, è legato quindi alla prostituzione (esatto: è un luogo comune il fatto che solo gli uomini fruiscano di questo tipo di attività illecita). Di solito, sono le persone che vivono in paesi benestanti ad andare in paesi più poveri in quanto, in determinati posti, è più facile reperire sesso a buon mercato senza conseguenze legali. Inoltre, andare in paesi solitamente poco accessibili come il Kenia, il Bangladesh, la Thailandia e molti altri, ha sicuramente il beneficio di annullare il pericolo di essere riconosciuti e scoperti, cosa che invece potrebbe accadere nella città o nel Paese in cui si vive.
Quando si parla di turismo sentimentale, il concetto di viaggio implicito nel termine è una metafora: partendo dall'assunto che l'amore e la vita di coppia siano (o almeno dovrebbero essere) un meraviglioso viaggio che ci porta nei luoghi più misteriosi ed incredibili del nostro essere, il turismo sentimentale è l'arte di rimpiazzare un partner con altro in maniera molto rapida, garantendo a chi lo pratica di provare costantemente quella sensazione di avventura ed esaltazione che generalmente scaturisce dai primi incontri amorosi con una persona con cui si è coinvolti da poco tempo.
Il turismo sentimentale può essere vissuto in svariati modi: spesso assume connotazioni sessuali ma ciò è solo una delle modalità possibili attraverso cui questo comportamento disfunzionale si esprime. Infatti, non occorre che intratteniate rapporti sessuali completi con tutti/tutte i/le partner con cui interagite. Semplici e platonici gesti come flirtare con le parole e con la comunicazione non verbale oppure piccoli gesti come tenersi la mano, abbracciarsi, baciarsi, darsi carezze o fare del petting con partner che cambiano ciclicamente vi rendono già turisti sentimentali.
Non è la durata del vostro flirt che decreterà se siete o no turisti sentimentali (può capitare a tutti, infatti, di vivere qualche volta una fugace avventura) ma la frequenza con cui puntate una preda, la azzannate, vi divertite e poi... avanti il prossimo/la prossima! Infatti, che sia un giorno o che sia un mese, se la vostra mini storia volge al termine e tendete a rimpiazzarla subito dopo poco con un'altra e poi un'altra e un'altra ancora, allora siete davvero turisti! Non importa nemmeno se in un anno abbiate 100 storie o solo 5: se vi ositinate a saltare di parter in parter continuamente, è quasi certo che questa tendenza sia parte di voi.

Avete presente un'ape che alla luce di un bel sole di primavera ogni mattina esce dal suo alveare e va di fiore in fiore a cercare polline? Ecco, così è il turista sentimentale il quale, volando di fiore in fiore, cerca continuamente nutrimento emotivo. La maggior parte della gente non è consapevole che questo atteggiamento sia una conseguenza delle proprie difficoltà affettive e questo non-sapere deriva molto spesso dallo stile di vita che abbiamo appreso nel luogo in cui viviamo e dalla nostra storia personale. Siamo figli della attuale società del consumo, la quale ripone nella modalità-usa-e-getta le sue speranze per l'avvenire, anche nel caso dell'appagamento emotivo e sessuale.
Oggi appare una cosa del tutto naturale cambiare partner una volta che ci si è stufati del precedente senza dare una seconda possibilità al rapporto. Non siamo più immersi, come in passato, in un tipo di società in cui si era costretti a sposare l'unico partner con cui si intratteneva una conoscenza (anche superficiale) perché obbligati dai condizionamenti delle rispettive famiglie e del proprio status sociale. è quindi davvero una fortuna che oggi si possa decidere con il proprio arbitrio chi sposare o frequentare. Il problema allora è: proprio perché non esistono più certi tipi di obblighi (se non in qualche tipo di società specifica) e ci si può prendere tutto il tempo che ci occorre per consocere e scoprire l'altro, ha davvero senso cambiare partner continuamente?
Il turismo sentimentale non è un gioco amoroso che ha come scopo la semplice ricerca del piacere (emotivo, sessuale o entrambi) ma è una vera e propria compulsione (Carnes, 1983)[1]. La persona che lo pratica non riesce a stare da sola. Idealizza il partner appena conosciuto e crede che lui/lei le fornirà l'appagamento che tanto cerca. Magari, inizialmente, non ha nemmeno l'intenzione di scaricare l'altro e crederà che: "finalmente è la volta buona!" eppure, ad un certo punto, si farà avanti l'inquietudine che la spingerà ad abbandonare la preda provando poi una grande frustrazione vedendosi per l'ennesima volta incapace di instaurare una relazione profonda con qualcuno. Il senso di frustrazione porterà, allora, questo soggetto a cercare un nuovo rifornimento emotivo per lenire il senso di disagio che sente e così il pattern (cioè lo schema) comportamentale si ripeterà come in un loop.

Come ho già detto, tutto ciò è probabilmente anche sintomo del modo in cui abbiamo imparato a vivere nell'attuale società consumistica. La maggior parte degli oggetti che compriamo vengono fabbricati con materiali che destinano il prodotto a durare non più di 2 o 3 anni (è l'esempio dei cellulari e degli elettrodomestici), poco importa se l'oggetto in questione venga trattato con cura maniacale. La regola d'oro è il ricambio. Questa stretegia di mercato ha lo scopo di aumentare la domanda e l'offerta dei beni in modo tale che la moneta circoli molto più velocemente favorendo (o almeno questa era l'idea iniziale) l'economia. Ormai, nessuno di noi perde più del tempo a riparare un oggetto quando si rompe perché ripararlo ha costi più alti (sia economici che di tempo) rispetto al comprarne uno nuovo.
Il turista sentimentale non vuole sprecare il proprio tempo a conoscere nel profondo la persona con cui ha iniziato da poco un rapporto. Lui o lei hanno fondamentalmente paura di legarsi, paura di soffrire e soprattuto di vedere loro stessi attraverso gli occhi dell'altro. Scrive Enrico Maria Secci[2]:
"Ecco i turisti sentimentali: i delusi, gli sconfortati, quelli che pretendevano un sogno e che, invece, si annoiano a morte; quelli che hanno paura di tutto o, semplicemente, non hanno voglia di confrontarsi con le diversità per trovare la propria e conciliarla con un altro cuore."
Per questi soggetti, è meglio allontanare una persona con cui stanno bene e per cui provano attrazione, piuttosto che cercare di andare a fondo nel rapporto e assumersi il gravoso compito di guardasi dentro e scoprire di non essere poi così speciali e perfetti come vorrebbero illusoriamente essere o far credere agli altri di essere. Meglio non guardare e voltare la faccia dall'altra parte aspettando che arrivi la prossima persona che faccia di nuovo vivere loro l'illusione della pienezza di un sentimento narcisistico che non potrà mai essere appagato.
Nel meraviglioso libro Il Piccolo Principe[3] di Antoine De Saint-Exupéry c'è una frase:
"è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante."
è l'impegno che dedichiamo ad un'altra persona che rende quella persona così speciale ai nostri occhi e ci migliora come uomini e come donne. Il turismo sentimentale è un viaggio scomodo e la quantità dei compagni o delle compagne che ci si porta dietro non implica un aumento della qualità della percorrenza.
Se l’articolo ti è piaciuto, metti un like e condividilo sui tuoi social preferiti. Con questo piccolo gesto mi aiuterai a far crescere i miei canali e far sì che sempre più persone conoscano questi importanti strumenti di problem solving. La cultura è più bella se condivisa, dai anche tu il tuo contributo.

È vietata la riproduzione totale, parziale e il riassunto di questi contenuti senza citarne la fonte e senza richiedere la mia autorizzazione. Diritti riservati.
Note
1 P. Carnes, Out of The Shadows: Understanding Sexual Addiction, 1983;
2 Blog Therapy di Enrico Maria Secci: http://www.enricomariasecci.it/2019/07/10/psicologia-e-vacanze-sei-un-turista-o-un-viaggiatore/
3 Antoine de Saint-Exupéry (1943), Il piccolo principe, p. 98, ed. Tascabili Bompiani/RCS S.p.A. (2012).


